Nei mercati rionali regna l’anonimato dei prodotti. Oltre 7 banchi su 10 di pesce e ortofrutta non sono in regola con le norme sull’etichettatura. L’origine dei prodotti è tra le informazioni più carenti nei confronti del cittadino, in particolare per frutta e verdura: solo il 38% dei venditori indica la provenienza. Nel caso del pesce è sempre più difficile per i consumatori sapere se si tratti di un prodotto pescato o allevato, visto che solo il 36% dichiara il metodo di produzione. E’ quanto emerge dal Rapporto sull’etichettatura nei mercati rionali redatto dal Movimento Difesa del Cittadino.
L’associazione, con la collaborazione delle sedi locali, ha visitato i mercati rionali nelle città delle seguenti regioni italiane: Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria e Veneto. In totale sono stati rilevati 481 banchi: 157 per i prodotti ittici e 324 per l’ortofrutta. Nel’indagine, oltre ai dati della rilevazione svolta dal Movimento Difesa del Cittadino, anche i numeri e le storie del rapporto sulla sicurezza alimentare, Italia a Tavola 2008: dai Nas all’Ispettorato per il Controllo della Qualità dei prodotti Agroalimentari alla Guardia Costiera i sequestri e i controlli delle autorità.
Per i prodotti ittici l’informazione più diffusa è la denominazione commerciale della specie che è stata indicata nel 69% dei casi. Segue la zona di cattura o di allevamento presente nel 50% dei banchi rilevati e per ultima il metodo di produzione con una percentuale di presenza di solo il 36%. Calabria, Lazio e Piemonte: a queste tre regioni il triste primato in materia di etichettatura dei prodotti ittici. Di tutti i banchi di pesce nei mercati rionali rilevati nelle città di Catanzaro, Borgia, Girifalco, Curinga, Roma e Torino nessuno esponeva le informazioni necessarie ai consumatori per una spesa consapevole. Anche a Chioggia, città presa a campione per il Veneto, la percentuale di banchi in regola è bassissima: 5%. Sono invece Ligura (Genova) e Lombardia (Milano) le regioni prime della classe rispettivamente con il 75% e il 60% dei banchi in regola. In nessuno dei casi indagati dalle nostre sedi è emerso un esempio di eccellenza pari al 100%.
Per quel che riguarda l’ortofrutta dall’indagine emerge che ancora pochi cittadini possono sapere se la mela che stanno per acquistare è una golden, se è italiana o se è di prima o seconda categoria. In generale, la varietà è presente solo nel 63% dei casi; l’origine nel 38% e la categoria nel 28 %. Percentuali molto basse sono state riscontrate per queste due ultime informazioni: in Calabria, ad esempio, l’origine e la categoria non vengono mai indicate; mentre in Campania la provenienza di frutta e verdura è presente solo nel 16% dei casi. A livello regionale l’indagine individua proprio in queste due regioni le performance meno virtuose: nelle città di Catanzaro, Reggio Calabria, Napoli e Benevento nessun venditore era pienamente in regola con la normativa sull’etichettatura. In queste città sono l’origine e la categoria le informazioni più carenti: in particolare la presenza della categoria non è stata mai evidenziata dalle nostre sedi. Critica anche la posizione dell’Umbria (Perugia) e della Basilicata (Matera): in entrambe i casi non si arriva al 10% di positività (rispettivamente 5% e 8%). Da evidenziare però una buona diffusione, nel caso dell’Umbria, dell’indicazione dell’origine: 40%. Al primo posto della classifica delle regioni troviamo invece il Piemonte con il 100% dei banchi in regola. Seguono la Toscana e la Liguria. In entrambi i casi, però, le percentuali di chi rispetta la legge sono molto basse: 33% .
“E’ grave – ha dichiarato Antonio Longo, presidente del Movimento Difesa del Cittadino – constatare come nei mercati rionali ci siano queste carenze sul fronte dell’etichettatura, anche perché si tratta di norme entrate in vigore alcuni anni fa. Soprattutto nel caso dell’origine dei prodotti è essenziale che venga rispettata l’obbligatorietà dell’indicazione ai consumatori. Proprio in questi giorni il Movimento Difesa del Cittadino si sta battendo per l’introduzione dell’obbligo di indicazione della provenienza per la carne suina, in riferimento all’allarme carne irlandese alla diossina. E’ però inutile ottenere l’obbligatorietà se poi le norme non vengono rispettate. Soprattutto nei mercati rionali, è quindi necessario intensificare i controlli”.
“I consumatori – ha aggiunto Silvia Biasotto, responsabile del Dipartimento Sicurezza Alimentare del Movimento Difesa del Cittadino – devono premiare chi rispetta le regole. Rivolgersi sempre ai venditori che espongono tutte le informazioni obbligatorie. In particolare, per i prodotti ittici devono essere indicate: la denominazione commerciale della specie, il metodo di produzione o la zona di cattura o di allevamento. Per l’ortofrutta, invece, in cassetta i commercianti devono segnalare la varietà, l’origine e la categoria”.
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PESCE E ORTOFRUTTA. SOLO 3 BANCHI SU 10 SONO IN REGOLA CON LE NORME SULL’ETICHETTATURA
RAPPORTO SULL’ETICHETTATURA NEI MERCATI RIONALI
MOVIMENTO DIFESA DEL CITTADINO (MDC)
Longo: “Gravi le carenze sul fronte dell’etichettatura nei mercati rionali. Soprattutto nel caso dell’origine dei prodotti è essenziale che venga rispettata l’obbligatorietà dell’indicazione ai consumatori”Nei mercati rionali regna l’anonimato dei prodotti. Oltre 7 banchi su 10 di pesce e ortofrutta non sono in regola con le norme sull’etichettatura. L’origine dei prodotti è tra le informazioni più carenti nei confronti del cittadino, in particolare per frutta e verdura: solo il 38% dei venditori indica la provenienza. Nel caso del pesce è sempre più difficile per i consumatori sapere se si tratti di un prodotto pescato o allevato, visto che solo il 36% dichiara il metodo di produzione. E’ quanto emerge dal Rapporto sull’etichettatura nei mercati rionali redatto dal Movimento Difesa del Cittadino.
L’associazione, con la collaborazione delle sedi locali, ha visitato i mercati rionali nelle città delle seguenti regioni italiane: Basilicata, Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Umbria e Veneto. In totale sono stati rilevati 481 banchi: 157 per i prodotti ittici e 324 per l’ortofrutta. Nel’indagine, oltre ai dati della rilevazione svolta dal Movimento Difesa del Cittadino, anche i numeri e le storie del rapporto sulla sicurezza alimentare, Italia a Tavola 2008: dai Nas all’Ispettorato per il Controllo della Qualità dei prodotti Agroalimentari alla Guardia Costiera i sequestri e i controlli delle autorità.
Per i prodotti ittici l’informazione più diffusa è la denominazione commerciale della specie che è stata indicata nel 69% dei casi. Segue la zona di cattura o di allevamento presente nel 50% dei banchi rilevati e per ultima il metodo di produzione con una percentuale di presenza di solo il 36%. Calabria, Lazio e Piemonte: a queste tre regioni il triste primato in materia di etichettatura dei prodotti ittici. Di tutti i banchi di pesce nei mercati rionali rilevati nelle città di Catanzaro, Borgia, Girifalco, Curinga, Roma e Torino nessuno esponeva le informazioni necessarie ai consumatori per una spesa consapevole. Anche a Chioggia, città presa a campione per il Veneto, la percentuale di banchi in regola è bassissima: 5%. Sono invece Ligura (Genova) e Lombardia (Milano) le regioni prime della classe rispettivamente con il 75% e il 60% dei banchi in regola. In nessuno dei casi indagati dalle nostre sedi è emerso un esempio di eccellenza pari al 100%.
Per quel che riguarda l’ortofrutta dall’indagine emerge che ancora pochi cittadini possono sapere se la mela che stanno per acquistare è una golden, se è italiana o se è di prima o seconda categoria. In generale, la varietà è presente solo nel 63% dei casi; l’origine nel 38% e la categoria nel 28 %. Percentuali molto basse sono state riscontrate per queste due ultime informazioni: in Calabria, ad esempio, l’origine e la categoria non vengono mai indicate; mentre in Campania la provenienza di frutta e verdura è presente solo nel 16% dei casi. A livello regionale l’indagine individua proprio in queste due regioni le performance meno virtuose: nelle città di Catanzaro, Reggio Calabria, Napoli e Benevento nessun venditore era pienamente in regola con la normativa sull’etichettatura. In queste città sono l’origine e la categoria le informazioni più carenti: in particolare la presenza della categoria non è stata mai evidenziata dalle nostre sedi. Critica anche la posizione dell’Umbria (Perugia) e della Basilicata (Matera): in entrambe i casi non si arriva al 10% di positività (rispettivamente 5% e 8%). Da evidenziare però una buona diffusione, nel caso dell’Umbria, dell’indicazione dell’origine: 40%. Al primo posto della classifica delle regioni troviamo invece il Piemonte con il 100% dei banchi in regola. Seguono la Toscana e la Liguria. In entrambi i casi, però, le percentuali di chi rispetta la legge sono molto basse: 33% .
“E’ grave – ha dichiarato Antonio Longo, presidente del Movimento Difesa del Cittadino – constatare come nei mercati rionali ci siano queste carenze sul fronte dell’etichettatura, anche perché si tratta di norme entrate in vigore alcuni anni fa. Soprattutto nel caso dell’origine dei prodotti è essenziale che venga rispettata l’obbligatorietà dell’indicazione ai consumatori. Proprio in questi giorni il Movimento Difesa del Cittadino si sta battendo per l’introduzione dell’obbligo di indicazione della provenienza per la carne suina, in riferimento all’allarme carne irlandese alla diossina. E’ però inutile ottenere l’obbligatorietà se poi le norme non vengono rispettate. Soprattutto nei mercati rionali, è quindi necessario intensificare i controlli”.
“I consumatori – ha aggiunto Silvia Biasotto, responsabile del Dipartimento Sicurezza Alimentare del Movimento Difesa del Cittadino – devono premiare chi rispetta le regole. Rivolgersi sempre ai venditori che espongono tutte le informazioni obbligatorie. In particolare, per i prodotti ittici devono essere indicate: la denominazione commerciale della specie, il metodo di produzione o la zona di cattura o di allevamento. Per l’ortofrutta, invece, in cassetta i commercianti devono segnalare la varietà, l’origine e la categoria”.
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<DOC:1016|_blank>Speciale D&C dedicato all’indagine (n° 1/2009)