Ci sono voluti ben 13 anni per stabilire che l’investimento di capitale di una risparmiatrice, da poco andata in pensione, e coinvolta nel crac Parmalat, era avvenuto per l’omissione, da parte degli operatori della banca Monte dei Paschi di Siena, di informazioni dettagliate sul tipo di rischio e da una mancata valutazione della propensione al rischio sufficiente a far ritenere adeguato l’acquisto di obbligazioni emesse da una società privata da parte della cliente.
La cittadina, che si è rivolta al Movimento Difesa del Cittadino di Benevento, titolare di un conto corrente bancario e abituata a investire in fondi comuni e in altri strumenti finanziari a basso rischio, era stata sollecitata ad acquistare obbligazioni emesse dalla Parmalat Finanziaria Spa per l’importo di lire 50.000.000, pari a oltre la metà della liquidazione da poco incassata alla cessazione della sua attività di insegnante.
“La cosa su cui ci siamo battuti in Tribunale – dichiara Francesco Luongo, vicepresidente del Movimento Difesa del Cittadino (MDC) – è stata soprattutto l’inconsapevolezza con cui la signora è stata spinta ad accettare l’investimento, la banca avrebbe dovuto spiegare dettagliatamente le condizioni alla cliente e informarsi sul suo stato. All’indomani della presentazione della “Carta degli Investimenti” realizzata dalle Associazioni dei Consumatori e dalla Consob, riteniamo che adeguate informazioni siano indispensabili per evitare proprio situazioni come questa”.
La Corte d’Appello dopo il ricorso da parte di MPS ha nuovamente dato ragione alla risparmiatrice accertando la violazione da parte della banca dell’articolo 28 del regolamento Consob 11/522/98, che impone all’intermediario, prima della stipula del contratto di chiedere all’investitore notizie circa la sua esperienza in materia di investimenti in strumenti finanziari, la sua situazione finanziaria, i suoi obiettivi di investimento, nonché circa la sua propensione al rischio.