Il Movimento Difesa del Cittadino (MDC) ha presentato questa mattina l’atto di costituzione di parte civile nel processo per l’inchiesta Mafia Capitale a tutela di tutti i cittadini romani che hanno riposto fiducia e denaro nelle pubbliche amministrazioni e che invece hanno assistito a un ampliamento delle indagini a macchia d’olio per i reati di frode fiscale, estorsione, usura, riciclaggio e corruzione di pubblici ufficiali per il controllo di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici.
L’Associazione, difesa dall’Avvocato Umberto Diffidenti, chiede in particolare la verifica di un eventuale decremento del capitale sociale di AMA spa e quindi delle azioni da 1,00 euro in cui tale capitale è stato suddiviso, se vi sia stata illegittima sottrazione di risorse economiche da altri settori del Comune di Roma solo per agevolare il sodalizio criminoso e soprattutto di quantificare i costi che tutti i cittadini contribuenti romani saranno costretti ad affrontare nei prossimi anni per sopperire, ripianare e compensare i flussi di denaro pubblico distolti.
“Al processo rappresentiamo i consumatori, i risparmiatori e i contribuenti – dichiara Francesco Luongo, vicepresidente MDC – lesi dalla violazione dei doveri d’imparzialità della PA, sia nel segreto d’ufficio che nell’affidamento dei lavori e delle gare prima della loro aggiudicazione, e da tutti quei pubblici ufficiali corrotti che hanno intascato soldi scaricando costi inesistenti direttamente sull’erario e quindi sulle loro tasche”.
L’inchiesta ha coinvolto infatti tra gli altri l’Ama spa, società controllata dal Comune di Roma e incaricata di pubblico servizio, e un intero filone di burocrazia illecita strutturato su società cooperative con coperture politiche. Da qui false fatturazioni e documentazioni, transito e consegna di flussi finanziari, finalizzati ad alterare i processi economici e decisionali della PA.
Come ben noto, i rapporti tra la cooperativa sociale di Buzzi, destinata all’inserimento dei detenuti e di persone socialmente svantaggiate nel mondo del lavoro, e il Comune di Roma erano legittimati da accordi per la gestione del verde pubblico in alcune aree della città. Il sodalizio mafioso effettuava pressioni sulla Giunta per distogliere risorse a favore di settori nei quali erano interessati i soggetti riconducibili a Buzzi e anche sul Tavolo di Coordinamento Nazionale sull’accoglienza per l’assegnazione dei flussi di immigrati alle sue strutture.