La campanella suona. È il segnale: si ricomincia. Nei prossimi mesi incontrerò bambini e ragazzi, insegnanti e genitori cercando di diffondere il più possibile un messaggio semplice ma, allo stesso tempo, per niente scontato: navigare su Internet è un’esperienza che apre mille opportunità se fatta in sicurezza. Si potrebbe riassumere così l’obiettivo che si pone il progetto “Generazioni Connesse- Safer Internet Center”, giunto alla terza edizione.
Tra le tante attività previste dal progetto, quella della formazione “sul campo” è forse la più dinamica e, sotto diversi aspetti, anche la più imprevedibile. Nelle scuole in cui è prevista la formazione “face to face” si svolgono incontri con i bambini delle classi quinte della scuola primaria, con i ragazzi della scuola secondaria di primo grado, con i loro insegnanti e con i loro genitori. Target diversi, quindi, con aspettative ed esigenze da soddisfare.
L’incontro più impegnativo è sicuramente quello con i ragazzi della scuola secondaria di primo grado. Parlare ad una platea che va dai 60 ai 100 adolescenti non è sempre facile la prima cosa da fare è riuscire a catturare la loro attenzione, visto che di Internet, i ragazzi pensano di sapere tutto, di essere loro gli esperti e di non avere nulla da imparare. E da un certo punto di vista hanno anche ragione ma basta iniziare a parlare di privacy e molte delle loro certezze cominciano a cadere. Poche idee e a volte molto confuse serpeggiano nei loro interventi. Dalla privacy si passa all’adescamento, e poi naturalmente al cyberbullismo, fenomeno fin troppo diffuso tra le mura delle scuole.
Gli argomenti sono gli stessi anche per il laboratorio didattico con le classi quinte, ma naturalmente in questo caso la dimensione del gioco diventa la chiave d’accesso al mondo di esperienze che anche i più piccoli fanno sulla rete. Su Internet ascoltano musica, giocano, fanno le ricerche per la scuola e guardano video. Il compito del formatore in questo caso è cercare di far comprendere che per muoversi in sicurezza sul web servono delle regole e, se qualcosa va storto, meglio affidarsi all’esperienza di un genitore piuttosto che pensare di cavarsela da soli.
I genitori, in realtà, in questo meccanismo di conoscenza ed esplorazione della rete da parte dei bambini e dei ragazzi sembrano essere la parte più debole, divisi tra chi si sente totalmente incompetente in materia di nuovi media e tecnologia e rinuncia quindi ad educare ad un uso responsabile e chi proibisce “tout court” perché troppo spaventato dai pericoli che possono provenire dalla rete.
Ed ecco che la responsabilità principale finisce sulle spalle della scuola, luogo dove i bambini e i ragazzi trascorrono la maggior parte del tempo delle loro giornate. Quello con gli insegnanti è l’incontro di formazione “più tecnico” durante il quale, spesso la volontà di fare qualcosa di efficace dal punto di vista educativo e formativo si scontra con la scarsità dei mezzi a disposizione.
Dal mio punto di vista, quello di un formatore, appunto, gli incontri con le scuole rappresentano un’esperienza prima di tutto di relazione che per sua natura è mutevole e stimolante. Lo schema di base molto spesso si dimostra solo una traccia da modellare a seconda delle esigenze reali del contesto. Molte volte ho avuto a che fare con scuole “difficili”, di città e quartieri “difficili” nelle quali ragazzi e insegnanti si sforzavano di diventare migliori del resto. Davanti a situazioni “al limite” anche un piccolo incontro di formazione può fare la differenza.