More dalla Bulgaria e ribes rossi dalla Polonia sono i componenti più comuni dei lotti contaminati e degli alimenti consumati dalle persone colpite da infezione di epatite A legata al consumo di frutti di bosco, ma le indagini non hanno permesso di individuare una fonte unica di contaminazione fra tutti i casi. Inoltre “è possibile che prodotti contaminati relativi all’epidemia siano ancora in circolazione nella catena alimentare”.
Sono i risultati cui è giunta l’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) che ha coordinato le indagini sulla tracciabilità dell’infezione da epatite A verificatasi in più paesi.
L’andamento del focolaio si è rivelato da subito piuttosto complesso: le analisi di tracciabilità fatte sui frutti di bosco surgelati hanno evidenziato già nei mesi scorsi la grande complessità della catena distributiva – che interessa transazioni commerciali facenti capo a diversi fornitori di 25 Paesi europei ed extraeuropei – e l’epidemia si è manifestata come “multi-stato”, coinvolgendo diversi paesi europei fra i quali Italia, Irlanda, Olanda, Francia, Gran Bretagna, Svezia, Germania, Norvegia, Polonia, Regno Unito. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare ha coordinato un’indagine per tracciare gli alimenti collegati al focolaio infettivo da epatite A: da gennaio 2013, sono stati riferiti più di 1440 casi di epatite A in dodici paesi europei e 331 di questi sono stati confermati dalle genotipizzazione.
Come evidenzia l’Efsa, “test di laboratorio su prodotti alimentari e interviste condotte sulle persone infettate hanno contribuito a individuare nel consumo di frutti di bosco surgelati la causa del focolaio. Le more provenienti dalla Bulgaria e i ribes rossi provenienti dalla Polonia sono stati riscontrati essere i componenti più comuni dei lotti contaminati e degli alimenti consumati dalle persone colpite dall’infezione. Non è stato possibile individuare una fonte unica di contaminazione, ma sono stati individuati 12 operatori del settore alimentare collegati ai casi e ai lotti in cinque dei Paesi coinvolti. Occorrono ulteriori ricerche a livello locale per appurare dove siano stati raccolti i frutti sospetti e quali fossero le condizioni in tali luoghi di raccolta o di produzione”.
I frutti contaminati potrebbero ancora essere in circolazione della catena alimentare e per questo l’Efsa ha sottolineato la necessità di intensificare la sorveglianza, la comunicazione del rischio, le vaccinazioni e ulteriori ricerche nel settore della salute pubblica, raccomandando inoltre una scrupolosa igiene e accurate prassi di produzione e coltivazione nei paesi produttori di frutti di bosco.
Fonte: Help Consumatori