Lo scandalo Banche non è solo quello alla ribalta sui media nazionali, ma anche in Calabria si sta consumando una vicenda simile nel silenzio generale, “per ovvi motivi di riservatezza” per come ha scritto l’attuale commissario di nomina Banca Italia, Angelo Pio Gallicchio, più volte sollecitato ad un confronto dai numerosi soci.
Viene spontaneo dire che sono facilmente comprensibili ed “ovvi” i motivi della richiesta riservatezza. Certo ai circa 1800 soci non va bene di non poter conoscere e intervenire sul proprio destino e sul destino dei propri risparmi. Nell’opacità più assoluta si sta consumando l’ennesima espropriazione di quote sociali a favore di altri soggetti “ovviamente” ben identificati.
I soci a tutto questo non ci stanno, non accettano di vedersi pretestuosamente revocati affidamenti e prestiti, non ci stanno all’assoluta segretazione di ogni atto che si sta compiendo in loro pregiudizio, non ci stanno al silenzio del Governo e della Banca d’Italia.
Per queste ragioni si è costituito a Cosenza promosso dal Movimento difesa del Cittadino un comitato di soci e risparmiatori che vede aderire oltre 250 persone, nei prossimi giorni saranno presentati in procura i primi esposti e le prime interrogazioni parlamentari. Il comitato denuncia e rifiuta quello che è stato il destino di altre decine di Banche Cooperative, guarda caso per le BCC Calabresi non c’è quasi mai una soluzione che salva i soci che per definizione sono piccoli risparmiatori, e gli sportelli passano di mano quasi sempre agli stessi soggetti a prezzo di svendita.
Negli ultimi quattro anni c’è stata un incremento del fenomeno dei commissariamenti “indotti”, finiti quasi tutti nella “confisca” delle quote dei soci risparmiatori, e così, mentre i grandi gruppi creditizi nazionali e le banche vicino ai membri del governo vengono salvate, alla periferia del sistema bancario del nostro paese sono apparse alcune a dir poco preoccupanti zone d’ombra.
C’è chi dice che la recente escalation di commissariamenti, in gran parte decisi negli ultimi 4 anni, sia l’effetto di un giro di vite voluto da Stefano Mieli, direttore centrale banca d’Italia che guida il servizio di vigilanza sugli intermediari finanziari, quindi prima raccolgono il danaro, autorizzano l’apertura degli sportelli, e in qualche anno attraverso il commissariamento fanno sparire tutto, anzi attraverso consolidati meccanismi le partite cattive vanno in rottamazione mentre quelle buone e solo quelle vanno in regalo, cioè ad un euro, alla solita Banca che fa subito plusvalenze.
Ci si chiede se il citato direttore è lo stesso Stefano Mieli che insieme ad altri alti funzionari, tutti insieme, argomenta il pm di Trani Ruggiero, “con condotte reiterate, in tempi diversi in esecuzione di un medesimo disegno criminoso (consistente nella previsione e volontà di far conseguire alle banche la maggiore quantità di moneta), adottavano consapevolmente e deliberatamente … determinazioni amministrative (istruzioni, circolari, note, decreti ministeriali, il ministero del Tesoro), in contrasto/violazione della legge in materia di usura … così consapevolmente fornendo un contributo morale necessario ai fatti-reato di usura materialmente commesse dalle banche”, se così fosse siamo non solo preoccupati ma pure di fronte ad una vera e propria organizzazione che rappresenta l’ennesimo coacervo di poteri forti, che di fatto governano il sistema creditizio Italiano e non solo.
Questa è la preoccupazione dei 1800 tra pensionati, impiegati, commercianti ed imprenditori, di essere finiti in un tritacarne ed in meccanismi più grandi di loro, con la conseguenza che stanno per essere privati dei propri risparmi in barba alla trasparenza, al dettato costituzionale di tutela del risparmio ed alla decenza.