Con il decreto approvato ieri dal Governo, l’Italia reintroduce finalmente l’obbligo di indicare lo stabilimento di produzione o confezionamento degli alimenti in etichetta affinché sia più facile individuare la filiera dei prodotti agricoli confezionati, garantendo così una corretta informazione al consumatore e una più efficace tutela della salute attraverso una immediata rintracciabilità degli alimenti da parte degli organi di controllo.
“L’Italia si conferma ancora una volta più avanti rispetto all’Europa in materia di sicurezza alimentare – commenta Silvia Biasotto, esperta di sicurezza alimentare del Movimento Difesa del Cittadino – Ricordiamo che nel nostro Paese già vigeva l’obbligatorietà dell’indicazione dello stabilimento di produzione in etichetta, ma con il Regolamento 1169 del 2011 sull’informazione al consumatore sui prodotti alimentari, questo obbligo fu abrogato. Una scelta di difficile comprensione, visto che la riforma della normativa a livello europeo ha previsto molte novità in materia di origine e trasparenza nelle etichette alimentari”.
“Ora il consumatore potrà avere una informazione di facile comprensione circa la provenienza del prodotto, soprattutto in caso di allerte alimentari: sarà più immediato per il cittadino capire come comportarsi di fronte a ritiri o richiami dal mercato. Inoltre sarà possibile scegliere di poter sostenere economicamente con la spesa alimentare realtà produttive locali, nazionali o di altri luoghi”.
Per gli italiani conoscere l’origine di un alimento e delle sue materie prime è sinonimo di sicurezza. Secondo il sondaggio del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali previsto nel pacchetto “Campolibero” per oltre il 96% dei consumatori molto importante che sull’etichetta sia scritta in modo chiaro e leggibile l’origine dell’alimento. Per 8 italiani su 10 assume un’importanza decisiva al momento dell’acquisto che il prodotto sia fatto con materie prime italiane e sia trasformato in Italia. Scegliere italiano può essere anche una scelta con importanti risvolti economici e sociali nei confronti del Paese e delle comunità.
“La mala gestione della crisi delle uova al Fipronil ne è un esempio di come la gestione e comunicazione del rischio siano due attività che le istituzioni devono ancora ben imparare a gestire – conclude Biasotto – Con lo stabilimento di produzione si avrà uno strumento in più per evitare che i cittadini scoprano di aver già consumato da tempo alimenti pericolosi per la salute”.