Facebook, Instagram, Tiktok, Youtube: sono solo alcuni dei canali che offrono, oramai, esperienze anche di “digital marketing”, consentendo ai consumatori (nella maggior parte dei casi giovani o giovanissimi), incoraggiati e motivati da post, video, commenti o foto di noti blogger/influencer, ad acquistare direttamente i prodotti da costoro sponsorizzati – e ciò con non poche insidie.
Ingolositi dai numeri del fenomeno e dalla crescita esponenziale degli acquisti di alcuni brand, le aziende hanno quindi deciso di sfruttare il potenziale di questi strumenti digitali, tanto da cambiare radicalmente il proprio modo di fare pubblicità e di commercializzare i prodotti, ma con buona pace, spesso – più o meno volutamente – della necessaria trasparenza e chiarezza nei rapporti commerciali, elemento imprescindibile per la tutela degli utenti finali.
Non stupisce quindi che l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato), monitorando l’evoluzione di questo nuovo fenomeno dell’influencer marketing e dell’effetto pubblicitario che genera sugli utenti, abbia “invitato” le società che se ne servono, a garantire ai consumatori la massima trasparenza e chiarezza sull’eventuale contenuto pubblicitario di tali comunicazioni.
Cultura della trasparenza e della chiarezza su contenuti e su rapporti commerciali con i consumatori, che MDC non smette di diffondere anche e soprattutto attraverso campagne ad hoc, come quelle oggetto di “Consumer Angels”, progetto finanziato dal Mise con il DM 07/02/2018, in collaborazione con UNC e UDICON, volto a formare ed informare il pubblico su come difendersi dalle insidie del mercato, anche digitale, e su come approcciarsi ai nuovi strumenti di acquisto, in maniera sempre più accorta, aggiornata e consapevole.
Dopo la “bacchettata” di AGCM, alcune società hanno deciso di aderire all’invito di rendere le proprie strategie pubblicitarie più trasparenti e attente al pubblico dei consumatori, e di introdurre nuove forme di rapporti contrattuali, più semplici e chiare da comprendere e da mettere in pratica.
Barilla, ad esempio, ha deciso di diffondere delle specifiche linee guida, che hanno ad oggetto semplici regole di condotta e di ingaggio di influencer, al fine di garantire massima trasparenza in ogni loro comunicazione.
Queste linee guida (solo per citarne alcune) prevedono obblighi di trasparenza della pubblicità; avvisi al consumatore che sta fruendo di contenuti sponsorizzati da un influencer; chiare prescrizioni sui modelli contrattuali con gli influencer e con le agenzie; clausole standard con meccanismi di deterrenza e sanzionatori in caso di violazioni (etc): impegni questi tali da fornire – per AGCM – ai consumatori, un quadro informativo sufficientemente completo e accurato, della natura delle comunicazioni e dell’operato di tali blogger/influencer.
Non si può dimenticare infatti che il Codice del consumo, all’art. 2, comma 2, lett. c), prevede che “i consumatori hanno diritto ad un’adeguata informazione e ad una corretta pubblicità” ed ancora, alla lettera e), “alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali”. Inoltre, l’art. 5, comma 3, prevede che “le informazioni al consumatore, da chiunque provengano, devono essere adeguate alla tecnica di comunicazione impiegata ed espresse in modo chiaro e comprensibile, tenuto conto anche delle modalità di conclusione del contratto o delle caratteristiche del settore, tali da assicurare la consapevolezza del consumatore.”
I social costituiscono dunque, nell’odierno panorama, uno strumento potentissimo per influenzare e indirizzate le scelte d’acquisto dei consumatori, soprattutto dei più giovani, che, grazie alla rapidità e alla semplicità con cui si può procedere all’ordine di un prodotto, talvolta dimenticano che dietro quel rapido click, si nasconde un vero e proprio contratto, con specifiche regole e caratteristiche.
“La facilità di accesso all’e-commerce e l’apparente semplificazione delle modalità di acquisto – come ci ricorda il Presidente MDC, Francesco Luongo – non deve mai far venire meno nel consumatore la consapevolezza circa i propri diritti, nonché la necessaria attenzione a che il venditore rispetti le norme imposte sia dal codice del Consumo che dalle direttive Ue, ad esempio in tema di diritto alla correttezza, alla trasparenza e all’equità nei rapporti contrattuali. Il professionista/venditore dovrà infatti, anche in caso di acquisti on line, predisporre e formulare contratti in modo chiaro e comprensibile, completo e leggibile, nel rispetto della clausola di buona fede e con contenuti “giusti”, ovvero equi per entrambe le parti. Il consumatore deve sempre essere messo nelle condizioni di valutare liberamente e consapevolmente la convenienza e l’opportunità della contrattazione, assumendosene i relativi rischi, tanto più in una realtà virtuale dove le modalità di espressione del proprio libero e informato consenso sono assai insidiose”.
I contratti di e-commerce costituiscono una tipologia di contratti a distanza, con ciò che ne consegue in termini, principalmente, di recesso e di termini in cui azionare tale facoltà. L’articolo 13 del Dlgs 70/2003, infatti, prevede che al consumatore debba essere recapitata per via telematica una copia dell’ordine, e che il contratto si conclude solo quando tale ricezione sia avvenuta. Ciò al fine di renderlo edotto sul significato giuridico della propria scelta anche al fine di operare un eventuale recesso.
Il diritto a una adeguata informazione consiste dunque nell’utilizzo di tecniche di comunicazione e di espressione chiare e comprensibili, che permettano al consumatore di agire con consapevolezza soprattutto in tema di sicurezza, composizione e qualità dei prodotti. Ad esso si accompagna il diritto all’esercizio delle pratiche commerciali secondo i principi di buona fede, correttezza e lealtà, ovvero l’obbligo di non fornire al consumatore indicazioni che possano alterare sensibilmente la sua capacità di scelta, inducendolo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.
Per chi si appresta dunque ad effettuare acquisti via web, alcune buone regole dovrebbero essere sempre adoperate.
Innanzitutto, un consumatore accorto deve valutare l’esistenza, sul sito del venditore, di uno specifico documento che contenga tutte le condizioni generali che disciplinano il rapporto contrattuale (sia che si tratti di vendita di prodotto che di fornitura di servizio).
Tale documento deve poter essere facilmente rinvenibile; deve avere un contenuto chiaro, semplice e comprensibile; non deve prevedere (in caso contrario non avrebbero effetto, salvo che non siano espressamente approvate) limitazioni alla responsabilità del venditore, alla facoltà di recedere dal contratto o di sospenderne l’esecuzione; clausole che pongono a carico del contraente decadenze e limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, ovvero che impongono tacita proroga o rinnovazione del contratto; clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria.
Il consumatore deve poter inoltre individuare, in maniera semplice, caratteristiche principali di beni e servizi; prezzi comprensivi di imposte o spese aggiuntive; identità del professionista con suoi dati di contatto; modalità di pagamenti; date di consegna, durata ed esecuzione del contratto; garanzie e diritto di recesso; modalità di risoluzione.
Alla conclusione dell’accordo, poi, il professionista dovrà consegnare una copia del contratto firmato.