Al momento stai visualizzando Etichette a semaforo: Il Salvagente intervista Antonio Longo

L’etichetta nutrizionale a semaforo adottata dalla Gran Bretagna divide anche i consumatori. In questa intervista al Salvagente, il presidente del Movimento Difesa del Cittadino (MDC) Antonio Longo, spiega i motivi del no dell’associazione a questo nuovo sistema di etichettatura per gli alimenti.

“Prima di decidere se siete a favore o contro il sistema delle etichette-semaforo, ponetevi tre domande:

1)      Mars, Nestlè, Pepsi…..vi fidereste di indicazioni nutrizionali fornite da queste sigle?

2)      Tra 25 grammi di parmigiano reggiano e una confezione di Filadelfia light, credete che questa più salutare per la dieta di un bambino?

3)      Accettereste lezioni di educazione alimentare da chi ha fatto scoppiare lo scandalo di “mucca pazza”?

Se avete risposto si alle tre domande, allora siete pronti ad accettare le etichette-semaforo. Mars, Nestlè e Pepsi sono tra le sigle che hanno abbracciato subito il sistema lanciato un anno fa dal Governo inglese e accettato con entusiasmo dalle principali catene commerciali, come Tesco. E dietro la proposta del “semaforo” c’è un clamoroso (voluto?) errore di fondo:  il colore rosso che segnala l’alimento pericoloso viene determinato dal calcolo di grassi, zucchero e sale contenuti in 100 grammi di prodotto.  Ma chi mangerebbe  100 grammi di parmigiano o condirebbe un’insalata con 100 cc di olio d’oliva? Così vengono colorati di rosso-pericolo quegli alimenti che invece costituiscono la base di ogni dieta sana, come quella mediterranea;  vengono colpiti prodotti come i formaggi  vanto della tradizione contadina,  che la sapienza millenaria ha creato, favorendo invece col verde-light quei prodotti della trasformazione industriale che sono di dubbia composizione o di pessimo gusto. La dieta mediterranea per i soloni di Oltremanica diventa a rischio, dopo aver ottenuto il massimo riconoscimento della salubrità dall’Unesco!

Diventa grottesco poi lo sfruttamento dell’obesità infantile, vero dramma in aumento in tutti i Paesi sviluppati, soprattutto anglosassoni, ma anche in molte regioni italiane. In realtà agli inglesi della dieta dei bambini obesi importa molto poco. Come poco, anzi nulla importò al governo di Sua Maestà Tatcher della salute dei suoi sudditi e di tutti gli europei quando nascose al mondo per mesi la tragedia delle mucche pazze, provocando più di 200 morti innocenti per i quali nessuno ha pagato e sconvolgendo  per anni le abitudini alimentari di tutta l’Europa. La Gran Bretagna non aveva alcun controllo veterinario e il suo governo era preoccupato solo delle conseguenze commerciali che ci sarebbero state dopo la rivelazione al mondo dei gravissimi casi di encefalopatia spongiforme causati dagli animali infetti.

La logica del semaforo non dice nulla sulla quantità da mangiare o da evitare, non tiene conto se chi mangia è un bambino di 5 anni o un adulto di 30, una donna incinta o un atleta, un diabetico o un iperteso. E’ come dire che prendere il sole fa male o fa bene, senza specificare il tempo di esposizione, in quali ore del giorno, eventuali controindicazioni legate all’età o alla sensibilità dell’epidermide o alla presenza di allergie. Insomma non c’è alcun metodo scientifico dietro questi tre colori.

Il Beuc, l’organizzazione europea dove è presente per l’Italia Altroconsumo, ha sposato le tesi inglesi. Non stupisce più di tanto, considerando che spesso le posizioni  vincenti nel Beuc sono quelle anglosassoni. Non perchè siano meglio motivate, ma per i rapporti di forza interna. Il fatto è che si tratta di una multinazionale dell’editoria consumerista, tecnicamente preparata ma con molte componenti del tutto avulse dalla realtà quotidiana delle famiglie e delle persone, perchè non presenti sul territorio, con un call center e alcune riviste che ripetono nei vari Paesi gli stessi test.

I consumatori italiani devono reagire e farsi sentire anche a Bruxelles. L’obesità infantile è un problema troppo serio per farlo risolvere con un semaforo a governi di Paesi che in questi decenni hanno mostrato di essere sensibili soprattutto al colore dei soldi.

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